Ben ritrovati amici lettori, vi presento Johanna Finocchiaro, una scrittrice, una poetessa, una donna con gli occhi sorridenti, brillanti, luminosi…cosi come la sua voce e la sua poesia. Ho conosciuto Johanna su instagram, una delle prime poetesse emergenti che ho “incontrato” sui social e lei è veramente speciale, socievole, solare ed accogliente in ogni sua parola.
Ho iniziato a leggere i suoi post poetici e poi ho acquistato la sua raccolta di poesie; cosa dire, se non che Johanna racconta nelle sue poesie un mondo tutto da scoprire...fatto di verità, di quotidianità vissuta e sentita, di battiti infiniti di cuore che giorno dopo giorno si alternano per non vacillare, per non dire “basta” e perchè quel “Clic” non è solo il titolo della sua silloge ma anche quel passo in più che ci fa scoprire la reale bellezza del mondo.
Johanna nasce a Torino nel settembre 1990. Dottoressa in lingue, adora viaggiare sopra ogni cosa, con la mente ancor prima che col corpo. Spirito solare, si dedica alla creatività con entusiasmo e grinta: scrittura, musica e fotografia. Impegnata nella diffusione della Poesia, gestisce uno spazio radiofonico su ABC Radio e una rubrica settimanale sul periodico Torino Oggi. Nel 2020 pubblica la sua prima silloge, Clic (L’Erudita Editore). Fa parte del gruppo lirico dei Poeti Emozionali (www.poetiemozionali.it) e del Circolo delle Poetesse.
Johanna Finocchiro
PoetessaClic di Johanna Finocchiaro
Johanna quando hai iniziato a scrivere poesia/prosa?
Dal momento in cui ho capito che bastava una penna a portarmi via, altrove, dove luoghi e
storie meravigliose s’incontrano. Frequentavo le scuole elementari e ricordo ancora la nostra
maestra: aveva il dono della lettura! Con voce piena e ricca di sfumature, sapeva trasmettere
tutto il potere delle parole e la loro energia. L’incontro con la Poesia, in particolare, è
avvenuto a 9 anni, durante l’ora di antologia: per l’occasione, era stata scelta una filastrocca
dell’immenso Gianni Rodari. Ai miei occhi di bambina è stato subito chiaro che non poteva
che essere magia quella a cui assistevo: prendere un pezzo di realtà, vestirlo a festa e
regalarlo nuovamente al mondo! Qualcosa di nuovo, rinnovato, gioioso e più profondo, pur
restando vero e fedele a se stesso.
Nel corso degli anni ho poi scoperto e fatto miei i mille e uno volti del genere lirico, pronto
a “piegare” la sua forma a ogni tematica l’anima esplori, dalla più concreta alla più astratta,
sfociando negli ultimi anni, almeno per me, nel sociale. Love at first sight, direbbe un
inglese!
Qual è stata la tua prima poesia e di cosa parlava?
Avevo circa 7 anni quando ho scritto la mia prima strofa; parlava di un girasole. Era estate
e godevo finalmente le meritate vacanze, in compagnia del mio porcellino d’India, Samantha,
(che poi sfido a trovare uno studente che pensi di non meritarle! :-D). Avevo accompagnato
la zia a far compere presso un vivaio. L’idea era di addobbare per bene il terrazzino. Inutile
a dirsi, alla vista dell’alto e possente girasole, sono rimasta abbagliata. Non potevo
letteralmente staccargli gli occhi di dosso: la sua linea così semplice eppure forte, i colori, la
fierezza che emanava senza risultare troppo sofisticato, come i suoi vicini di vaso…
Insomma, sentii per la prima volta il bisogno irrefrenabile di “buttar giù” quell’emozione
senza nome ma così tanto viva!
Quali sono i temi ricorrenti delle tue poesie?
Sono gli argomenti a scegliermi, mai il contrario. L’ho compreso col tempo, quando ho
imparato a lasciare andare da dentro a fuori e da fuori a dentro, interferendo il meno
possibile con il flusso di pensieri. Nella maggior parte dei casi compongo di getto, ma capita
spesso a seguito di lunghe riflessioni. In effetti, questo processo rispecchia la mia natura
ambivalente: una parte di me ha l’immediata necessità di razionalizzare, spiegare,
analizzare; un’altra, più selvaggia, sente il bisogno di liberare lo spirito, l’emozione, la
mente stessa da schemi e logiche. Le mie poesie si dividono, così, in componimenti di sola
“pelle”, fatti di sentimento ed interiorità, in liriche di affermazione, nelle quali desidero
sostenere un pensiero maturato e digerito e, in ultimo, in versi ribelli che saltano dal
corporeo all’immateriale, dal perché al come: sentire (ne sono certa) è il miglior modo di
capire. Amo scrivere di Natura, unica madre e strada, di persone e personalità, di abitudini e
ricordi, di fatti realmente accaduti e, molto più semplicemente, di tutto ciò che vedo! Con gli
occhi e con il cuore.
Quali sono le tue fonti di ispirazione?
Ciò che m’ispira maggiormente è la verità. Mi spiego meglio: chiaramente ognuno di noi è
alla ricerca della propria, di quell’essenza che possa riempirci e stimolarci. Nel momento in
cui sento di essere esattamente dove dovrei essere, ben incastrata con la vita e circondata di
energia positiva, ecco che riesco a cogliere e godere di quei momenti perfetti; inevitabile poi
scriverne! La Poesia è quel viaggio in cui ad ogni tappa si lascia cadere una valigia per
prenderne un’altra. Un dare-avere infinito, l’istante in cui terreno e celeste trovano spazio
franco in cui fondersi e perdersi. Il risultato? La gioia. Che, a differenza della felicità, non
dipende dagli accadimenti esterni bensì da una radicata serenità, invincibile. Oltre a ciò,
trovo ispirazione nei dettagli, nella lettura, nell’ascolto e nella vita di tutti i giorni alleggerita
dal senso del dovere; spezzetto i gesti, le emozioni, provando a considerarli come i pezzi di un puzzle. Se dovessi riassumere in quattro parole, dunque, direi: verità, sensibilità,
confronto e Natura, ovviamente! Lei è onnipresente.
Quali sono i tuoi autori/ scrittori preferiti e perchè?
I miei punti di riferimento sono per lo più femminili: Antonia Pozzi, Emily Dickinson, le
sorelle Brontë, Maria Luisa Spaziani, Maya Angelou, Ada Negri, Marguerite Yourcenar,
Kiki Dimoula, insieme a molte altre voci poetiche contemporanee che ho il privilegio di
ascoltare e conoscere, foci di un sentire teneramente condiviso. Tra tutte loro, tuttavia, Kiki
Dimoula vince la mia personale medaglia d’oro: una donna che ha saputo ironizzare sulla
vita, con un cinismo composto che mi ha incontrato e conquistato, mitigato dalla profonda
sensibilità; una Poesia, la sua, pronta a cogliere ovunque e comunque spunti di riflessione,
asperità, bellezza, potenziando all’ennesima potenza il peso di ogni parola. Da buona greca
qual era, Il mio componimento preferito? La pietra perifrastica. Per quanto riguarda i
capisaldi maschili, invece, annovererei Dino Campana, Walt Whitman, Pier Paolo Pasolini,
Charles Baudelaire, Pablo Neruda, Rabindranath Tagore, Umberto Saba e Rainer Maria
Rilke; cruda onestà, passione, viaggio, dolore, memoria, vanità… sono solo alcuni degli
argomenti di cui sono stati magistralmente portavoce. Anche in questo caso, molti poeti
contemporanei hanno la mia attenzione e stima. La Poesia è tutt’altro che morta!
Quale poesia ti rappresenta di più?
Attualmente, credo sceglierei “E basta”: questa lirica parla del “carpe diem”, concetto
piuttosto famoso ma mai da me sperimentato, sino a qualche tempo fa. Mi sono sempre
sentita soffocata dall’ansia di prestazione, dal dover a tutti i costi soddisfare le aspettative
altrui. Vuoi per un carattere fin troppo empatico, vuoi per una tendenza al perfezionismo, ho
faticato a raggiungere e sentire la mia voce, i miei pensieri. Ma, una volta fatta pulizia e
compreso cosa amavo e desideravo io, ho riscoperto la gioia del vivere e basta, appunto,
senza schemi, rumori di sottofondo e intrusioni esterne. E così, proprio come quel clic che
dà titolo e natale alla mia prima silloge, ho sentito che qualcosa si accendeva e prendeva
forma: il cambiamento. In primis personale, finalmente libera di evolvere; in secundis nella
vita reale, che adesso appariva nitida e a portata di mano.
Ci racconti come è nato il tuo libro?
Ma certo, Annalisa! Descrivere Clic è sempre un piacere, dal momento che mai progetto mi
ha resa più orgogliosa. Sono entusiasta del risultato: sento di vivere tra le sue pagine, nel
bene e nel male, tra parole di luce e profondo buio. Clic apre e chiude,
contemporaneamente, un cerchio: segna l’esordio e l’epilogo, il primo letterario e il secondo
a fronte di una rinnovata rivincita con me stessa. “Il percorso della sincerità”, come amo
chiamarlo, durante il quale ho ritrovato essenze e profumi che si erano persi per strada da
troppo tempo. Ho deciso così di aprirmi totalmente alla mia passione (era in corso il primo
lockdown); spazio e tempo in abbondanza mi hanno permesso di prendere davvero
coscienza di cosa provassi e a che punto fosse la mia vita. Un desiderio spiccava sopra gli
altri: condividere, confrontarmi, comunicare! E cos’è l’Arte, se non un interscambio umano?
Esattamente come il gesto di accendere la luce ci trasporta in una dimensione illuminata,
dapprima confusionaria per la scarsa messa a fuoco ma in seguito colorata e familiare. Il libro tenta di riproporre la medesima sensazione: catapultare nel mio mondo interiore;
spesso iperattivo e focoso, contorto e fragile, tuttavia onesto. Le liriche non seguono un
ordine particolare: desidero che il lettore si senta coinvolto e mai annoiato, che possa sorridere e
sorprendersi. Infine sollevarsi e, per qualche attimo, estraniarsi dai rumori
esterni.
Oltre alla scelta di strutturare la lettura in modo che risulti più libera possibile, il titolo rispecchia
un secondo intento: Clic è il suono dei miei pensieri che prendono forma, si rivelano, mutano, come piccoli lampi elettrici sparsi qui e lì nella coscienza. Sono certa la copertina
“spiegherà” meglio di me quest’immagine.
Insomma, un libro istintivo quanto meditato, tra poesie scritte di getto ed emozioni elaborate negli anni: le due facce di una stessa medaglia.
Johanna Finocchiaro
Poetessa
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Ringrazio Johanna per aver accolto il mio invito a raccontarsi e per averci parlato del suo libro e della sua passione per la scrittura e per la poesia.
Vi lascio qui i link per poterla seguire e per continuare a leggere le sue splendide poesie: @johannapoetessa e “Clic“.
A presto con nuove interviste e poesie.